Il logo

Scopri il suo significato

Il progetto grafico prende vita dalla lettura del brano evangelico di riferimento.

Il logo, infatti, è costituito da un occhio che, allo stesso tempo, è un pesce e un pane.

Esso, inoltre, contiene due elementi che richiamano la nostra identità. In coda, la croce cristiana e nella pupilla, le lettere De C, iniziali di “Diocesi di Cefalù”. I colori utilizzati si legano ai caratteri predominanti della nostra terra: il blu del mare e il giallo del grano.

L’idea progettuale nasce dalla volontà di coniugare una speranza fiduciosa con una speranza attiva.

L’occhio è la fiducia in una direzione verticale, la richiesta di un incontro, la sfida di una proposta. Lo sguardo proteso in avanti è sapiente, empatico ed esorta una visione, una progettualità. L’occhio e la speranza di chi si alza e non smette di credere nell’occasione di un mondo possibile qui, nella nostra terra.

Uno sguardo passivo, invece, soffre il limite del proprio metro quadro, non propone, non incontra, non e lungimirante.

Sperare diventa quindi una direzione dinamica, mai statica o fatalista.
Nessuno sulla riva del mare di Tiberiade si è sfamato se non muovendosi verso Gesù. Lui vide tutti quegli uomini affamati in Galilea alzando lo sguardo, “alzati gli occhi“. Quegli uomini, tenendo lo sguardo fisso sul Cristo hanno potuto intessere una relazione biunivoca di reciprocità, di fame soddisfatta, di speranza mai delusa.

L’azione compiuta da Gesù si fa pertanto invito, esempio da seguire, “alzati gli occhi” per cogliere le opportunità che la vita ci offre e metterci alla prova.

L’uomo e la donna della Sicilia, isola bella e contraddittoria, devono potersi nutrire di Gesù, unica vera Speranza in un territorio troppo spesso arido e ostile.

Il pesce (ichthys) e il pane, donati senza limiti, assumono dunque il significato di speranza e diventano anche occhio che osserva responsabilmente il territorio e lo fruttifica, lo rigenera di speranze nuove, fino a quel momento deluse.

Alzarsi. Guardare. Sperare. Credere.
Per rimanere nel nostro mare e ripopolare la nostra isola.

1 Dopo questi fatti, Gesù andò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, 2 e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi. 3 Gesù salì sulla montagna là si pose a sedere con suoi discepoli. 4 Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. 5 Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». 6 Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare. 7 Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». 8 Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9 «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». 10 Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini. 11 Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero. 12 E quando furono saziati, disse ai discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». 13 Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. 14 Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: «Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!»

Giovanni 6,1-14